I Boscimani del Kalahari
«Le cose miglioreranno per voi e i vostri figli», ci dicevano. «E all'inizio abbiamo creduto nelle cose che ci venivano dette. Ci dicevano che avremmo dovuto mandare i nostri figli a scuola, e che i nostri figli avrebbero badato a noi una volta che si fossero civilizzati, come quelli che erano andati a scuola e che avevano imparato a leggere e a scrivere.
Abbiamo aspettato a lungo quel giorno. Non capivamo sempre esattamente, ma credevamo che le cose sarebbero migliorate. Le cose che avevamo imparato dai nostri vecchi non potevano più aiutarci ormai. Ora alcuni dei nostri figli hanno già finito gli studi, vengono a casa e non riescono a trovare lavoro.
Non possono fare neanche ciò che i nostri vecchi avevano insegnato a noi perché non conoscono la savana e gli animali.
Per troppo tempo siamo stati in collera e ancora lo siamo. Abbiamo perduto tutto, la nostra terra e ciò in cui credevamo.
Ora abbiamo capito che ci dobbiamo muovere da soli. Forse se potessimo fondare una nostra scuola, dove i nostri figli possano imparare i nostri vecchi valori, la nostra lingua, e a lavorare bene con le mani così come con la testa, come avviene nelle altre scuole, potremmo finalmente risollevarci. La scuola è ciò di cui abbiamo bisogno, dobbiamo farla da noi, nel senso vero e proprio della parola.
Altra gente ci aiuterà, ma un giorno i nostri figli potranno fare le cose da soli, come le facevamo noi molto tempo fa.
Questo colloquio avuto con un vecchio Boscimane di East Hanahait in Botswana descrive perfettamente la situazione dei Boscimani di oggi, prossimi all'estinzione fisica, costretti ancora una volta a cercare di adattarsi ad un mondo che si allontana sempre di più da quello a cui si erano conformati con grande lentezza in migliaia di anni.
Molta gente dopo aver letto i soliti libri di avventura, va in Africa e si chiede: "Dove posso trovare un vero Boscimane"?
Che cosa è accaduto ai cosiddetti "primi abitatori"?


La storia del popolo Boscimane
Tracce dal Nord e dal Sud, segnate soltanto da misteriosi graffiti rupestri e ossa di quasi 50.000 anni fa, conducono al deserto del Kalahari.
Per i Boscimani del Kalahari, la maggior parte del 20° Secolo è stata così traumatica come i secoli precedenti lo sono stati per i loro predecessori in Sud Africa che non sono sopravvissuti alla loro leggenda, così come lo si può leggere nei libri di Wilbur Smith.
Tutto inizia quando il Botswana si chiamava Bechuanaland e chiede la protezione della Gran Bretagna, sentendosi minacciato dai colonizzatori dei paesi circostanti. Naturalmente gli inglesi hanno in mente i propri interessi e, molto presto, importano allevatori interessati a stabilirsi nelle vaste aree "non occupate" intorno a Ghanzi.
Questa immigrazione viene consentita per fermare ogni possibile invasione dei tedeschi dalla vicina Namibia, che minacciavano così il sogno inglese di Cecil Rhodes di avere un impero che andasse dal Capo di Buona Speranza fino al Cairo.
Nel Nord dello Ngamiland, migliaia di Herero erano fuggiti da una guerra senza pietà combattuta contro i tedeschi, e invadevano quindi un'area "non occupata" con le loro mandrie. A questo punto furono i Boscimani che soffrirono irrimediabilmente la perdita della terra che avevano occupato da migliaia di anni, in una tale completa armonia con la natura stessa che si potevano a malapena notare.
Con la perdita della terra crebbe la tensione di dover vivere in villaggi, di dover aver a che fare con altre culture e altre lingue, e persino combattere in guerre che non li riguardavano. Non c'è da meravigliarsi se ora dicono: «Dio ci ha dimenticati, siamo morti».
Se non fosse stato per i Remote Areas Dwellers (Abitatori delle Aree Remote), organismo governativo per la tutela degli ultimi boscimani rimasti, oggi non avrebbero accesso a nessuna terra.
I sette agglomerati dove si raggruppa la maggioranza dei Boscimani del Kalahari, assommano al 2% circa del territorio del distretto. I programmi di Governo hanno portato dispensari sanitari e la scuola primaria. In risposta alla severa siccità degli ultimi anni, il governo ha iniziato un programma che consisteva di diverse parti, come programmi nutrizionali e programmi di lavoro assistito per la ricerca di vene d'acqua.
Le famiglie ora allevano bovini e capre. Sebbene la terra diventi ben presto sovrappopolata da uomini e animali e i pascoli non bastino più.
Per risolvere i tanti problemi si devono quindi battere altre strade.

A D'Kar, una piccola comunità intorno a una fattoria nel cuore del Kalahari, alcuni passi sono stati fatti in differenti direzioni per risolvere i molti problemi.
Quando divenne chiaro che la piccola comunità non poteva pretendere l'assistenza governativa perché si trovava su una proprietà privata, la gente stessa si mosse per trovare una soluzione, formò un comitato che cominciò a aiutare gli individui e i piccoli gruppi creando infrastrutture.
Era negli scopi del comitato coinvolgere la gente responsabilizzandola. Quello che si può vedere oggi è l'esempio degli sforzi dell'unico gruppo autorganizzato di Boscimani in Botswana.
Come risultato di questo lavoro, gruppi di donne oggi cuciono e producono coperte a telaio e teli decorati a mano, usando propri disegni o disegni degli artisti del centro d'arte.
Il centro d'arte pittorica funziona a pieno ritmo; annualmente la sua produzione viene esposta al Museo di Arte Tribale di Gaborone. Oggi i resti di quello che erano i Boscimani, sopravvivono soltanto nel Desero del Kalahari.
Contrariamente alle credenze popolari questi sopravvissuti non sono più i discendenti di coloro che dipinsero i graffiti più antichi e che furono spinti nelle aree più inospitali da popoli molto più potenti di loro; oggi non fanno più graffiti e non hanno più tradizione di arte rupestre , i gruppi che vissero più a sud detentori di questa arte, parlavano linguaggi diversi. Divennero virtualmente estinti circa un secolo fa come risultato della colonizzazione bianca.
Col periodo coloniale nacque in Botswana una economia legata all'allevamento, le esportazioni di bovini, divennero la fonte di maggior reddito del paese. Il Governo per tutelare gli allevatori dalle malattie che gli animali di allevamento potevano contrarre dagli animali selvatici, fece innalzare una recinzione che ancor oggi divide di fatto il Botswana in due metà . Una recinzione ininterrotta di migliaia di chilometri che impedisce le migrazioni di animali da nord a sud. I Boscimani che vivevano di caccia, persero da un giorno all'altro la possibilità di cacciare gli animali che dal deserto del Kalahari erano soliti migrare a nord per abbeverarsi. Per poter sopravvivere si misero quindi a predare gli animali di allevamento, scatenando la reazione violenta degli allevatori.
Adesso che il Governo li ha riuniti in villaggi cercando di riorganizzare la loro vita in modo occidentale, non possono più cacciare tranne che in rare eccezioni.
East Hanahait è un piccolo villaggio nel deserto del Kalahari, in cui il RAD, l'ente che sovrintende allo sviluppo delle aree remote, ha riunito gruppi di Boscimani Nharo che si sono dedicati alla pastorizia per sopravvivere. Qui abbiamo conosciuto un altro gruppo che é stato riconvertito alla pastorizia. In questo gruppo familiare abbiamo potuto conoscere tre diverse generazioni.
Il nonno (con in braccio i nipotini), che ci ha raccontato con tanto rimpianto negli occhi di quando andava a caccia in bande di una decina di uomini, la preda che riuscivano a cacciare era la preda di tutti e le famiglie potevano contare su un cibo sicuro.
Ancora c'erano i leoni perché la grande recinzione non era stata costruita e gli animali erano abbondanti.
Anche se avesse voluto, non avrebbe potuto spiegare ai nipoti, come aera la sua vita nel bush in gioventù.
Suo figlio, al mutare delle condizioni aveva cercato lavoro in Sud Africa, tutto quello che era riuscito a trovare era stato qualche lavoretto saltuario in un paio di fabbriche, in ultimo si era quindi ridotto a fare il pugile e a combattere per platee di bianchi.
Quando il Botswana aveva messo in moto il progetto per gli abitatori delle aree remote, era tornato e si era fatto una famiglia, erano nati dei bambini ed erano cresciuti nel campo nell'inattività generale, dopo una minima scolarizzazione, cercavano i modelli occidentali, una radio, una maglietta, le solite domande sul nostro paese di provenienza e una gran voglia di scappare da li. Le bambine come sempre ci guardavano da più lontano, ridendo e scappando se cercavamo di avvicinarci.
Ci siamo congedati dal vecchio patriarca e lo abbiamo ringraziato per averci concesso il permesso di entrare ne villaggio e di averci raccontato un poco della sua vita di gioventù. «Grazie a voi figli miei» e ha continuato a giocare con suo nipote.